16/04/2018

ROBOT IN PALESTRA. I RISULTATI SULL’UTILIZZO DEI SISTEMI ROBOTICI IN RIABILITAZIONE: DIMOSTRATA UN’EFFICACIA SUPERIORE AI TRATTAMENTI TRADIZIONALI

18/01/2018

Presentati a Roma i dati sulla ricerca realizzata in Fondazione Don Gnocchi, prima del genere a livello internazionale per numero di pazienti coinvolti.

ROMA. Sono stati presentati a Roma, nel corso di un convegno promosso dalla Fondazione Don Gnocchi dal titolo “La tecnologia e la robotica in Riabilitazione”, i risultati finali di un inedito studio scientifico che ha coinvolto parecchi Centri italiani della Fondazione, con l’obiettivo di misurare l’efficacia dell’utilizzo della tecnologia robotica nella riabilitazione dell’arto superiore in pazienti colpiti da ictus. Si tratta di una ricerca senza precedenti per numero di pazienti coinvolti, complessivamente 251 pazienti reclutati in soli 18 mesi, che ha messo a confronto i dati raccolti da pazienti trattati con le nuove tecnologie (127 pazienti) con i dati raccolti da pazienti trattati secondo le terapie tradizionali (124 pazienti). I risultati dimostrano che la riabilitazione con tecnologie robotiche è certamente efficace nel recupero dell'arto superiore dopo ictus. Non solo, per alcuni aspetti - come ad esempio i movimenti di presa della mano, di flessione dell'avambraccio sul braccio e di abduzione della spalla (figura 1) - la riabilitazione con tecnologie robotiche si dimostra più efficace della riabilitazione convenzionale, permettendo al paziente di raggiungere prima del tempo importanti obiettivi di recupero motorio.  Un’altra aspetto che è emerso dallo studio è che i pazienti trattati con riabilitazione robotica tendono a sviluppare meno spasticità al gomito rispetto a quelli trattati con metodiche tradizionali (Fig. 2). Questo aspetto non è affatto irrilevante se si considera che la spasticità può essere una importante complicanza nei pazienti post-ictus che può arrivare ad intralciare in modo significativo il recupero motorio dell’arto superiore.

Da segnalare che alcuni pazienti molto gravi, all’inizio completamente inabili all’uso del braccio, continuando a fare riabilitazione robotica anche dopo la fine della sperimentazione, sono stati monitorati per diversi mesi, mostrando un significativo recupero anche a distanza di un anno dall'ictus, riuscendo ad esempio in azioni comuni come afferrare una bottiglia o bere da soli. Anche il caso di una giovane donna arrivata a noi dopo 3 anni dall’ictus con impossibilità nell’uso della mano ha mostrato miglioramenti dopo aver effettuato 6 mesi di trattamento robotico della mano affetta e completamente plegica (3 volte la settimana), arrivando ad afferrare e rilasciare un bicchiere, movimento ormai dimenticato. Lo studio è stato realizzato in nove Centri della Fondazione, utilizzando sistemi robotici che integrano e supportano il lavoro dei terapisti nella riabilitazione dell’arto superiore di pazienti colpiti da ictus o altre patologie neurologiche, con un’azione specifica in particolare sui movimenti di mano, polso, gomito e spalla. Gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di Milano e Firenze, le due strutture di Roma (“S. Maria della Pace” e “S. Maria della Provvidenza”), ma anche altri Centri come Rovato (Bs), La Spezia, Fivizzano (MS) e altri del meridione d’Italia, solitamente penalizzati dal punto di vista delle prestazioni sanitarie, come S. Angelo dei Lombardi (Av) e Acerenza (Pz): queste solo le strutture della Fondazione dove sono state attrezzate le palestre robotiche e dove la migliore tecnologia oggi disponibile si sposa alla professionalità e all’esperienza di operatori esperti e formati. A collaborare alla raccolta dei dati dello studio multicentrico presentato durante il convegno di Roma sono intervenute anche le strutture della Fondazione Don Gnocchi di Marina di Massa e Tricarico (Mt), che hanno fornito ulteriori dati sui pazienti trattati con le metodologie tradizionali. Infatti lo studio multicentrico complessivamente ha permesso di trattare 288 pazienti (includendo tutti gli 11 centri coinvolti di Fondazione), selezionati su oltre 500 pazienti totali afferenti alle strutture della Fondazione per la riabilitazione post Ictus in soli 18 mesi (vedi tabella allegata).

Lo studio ha dimostrato che la riabilitazione robotica e tecnologica eseguita con un set di sistemi (scelti in modo rigoroso e scientifico da un’equipe multidisciplinare all’interno della Fondazione stessa) è efficace nel recupero della motilità dell’arto superiore e della disabilità globale del paziente, misurate con scale cliniche. Inoltre, questi sistemi, forniscono un importante mezzo di misurazione, fornendo misure di out come che permettono il monitoraggio dei risultati conseguiti all’interno del percorso riabilitativo del paziente. Su una parte del campione oggetto dello studio, è stata eseguita una valutazione strumentale con i robot utilizzati per il trattamento, che ha mostrato come le performance motorie dell’arto superiore dei pazienti trattati con la robotica, sono più veloci rispetto alle performance dei pazienti trattati con la terapia tradizionale.

Ad oggi, la robotica è diventata una terapia che è entrata nella pratica clinica in tutti i centri della fondazione e viene attualmente utilizzata in pazienti seguiti in tutti i regimi di ricovero o anche ambulatorialmente (convenzionati con il SSN e non), affetti da patologie che determinano un deficit di forza e di performance dell’arto superiore. Dati interessanti e risultati positivi sono stati osservati anche su pazienti affetti da patologie del sistema nervoso periferico come polineuropatie (che esordiscono acutamente anche in soggetti giovani portando ad un importante compromissione sia degli arti superiori che inferiori), ed altre patologie che come l’Ictus coinvolgono il Sistema Nervoso Centrale come la Sclerosi Multipla e la Malattia di Parkinson.

Molto importante è utilizzare i robot giusti a seconda dell’obiettivo terapeutico da raggiungere. Infatti il set utilizzato nelle palestre robotiche di Fondazione è stato scelto proprio per rispondere alle differenti situazioni che riguardano la disabilità a carico dell’arto superiore (deficit della spalla, della mano o dell’intero arto). Quindi obiettivo della selezione è stata la necessità di trattare globalmente l’arto superiore, dando importanza a tutti i distretti che lo compongono. Ma anche di utilizzare sistemi che permettono di utilizzare un modello organizzativo economicamente sostenibile ed in grado di rendere la robotica accessibile (anche mediante SSN) al maggior numero di pazienti possibile.

 

Altrettanto importante è sottolineare che la riabilitazione robotica nei diversi centri è stata preceduta da eventi formativi volti ad addestrare adeguatamente i terapisti, e a uniformare la modalità e i protocolli di trattamento . Infatti i sistemi robotici non possono essere messi nelle mani di terapisti inesperti, sta nascendo una nuova figura del terapista della Riabilitazione Robotica, l’unico in grado di valorizzare le potenzialità della tecnologia, sfruttando il proprio background riabilitativo, adattandolo ai singoli casi e alle singole situazioni, sfruttando a suo favore l’aiuto che questi sistemi possono dare affinché il paziente venga riabilitato nel miglior modo possibile. Non adesso, ma sicuramente nel futuro si andrà verso robot portatili e, perchè no, utilizzabili anche al proprio domicilio. Al momento meglio rivolgersi alle Strutture, purtroppo ancora poche , dotate non solo di robotica e di tecnologia ma anche di terapisti e medici con una adeguata expertise (come quella maturata nei centri della Fondazione) nel campo della Riabilitazione robotica.

Sono intervenuti ai lavori, tra gli altri, il nuovo direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi, professoressa Maria Chiara Carrozza e il direttore generale Ricerca e Innovazione in Sanità del ministero della Salute, Giovanni Leonardi. Il convegno è stato patrocinato dalla Società di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER) e dalla Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN). «Siamo di fronte ad una sorta di “rivoluzione della riabilitazione” - commenta Irene Aprile, medico neurologo e coordinatrice del Gruppo di Riabilitazione Robotica e Tecnologica della Fondazione Don Gnocchi - dove l'attività del terapista viene sempre più mediata, supportata e valorizzata dalla tecnologia. Le evidenze raccolte e l’obiettivo di offrire al maggior numero possibile di pazienti i benefici di una riabilitazione tecnologicamente assistita non possono che coinvolgere inevitabilmente le istituzioni e le imprese produttrici, chiamate a fare la loro parte per rendere accessibili, a fronte anche di scenari dove i bisogni sono sempre più diffusi, i costi di una riabilitazione avanzata. A realtà come la Fondazione Don Gnocchi, centri clinici e di ricerca il compito invece di misurare oggettivamente i risultati dei differenti percorsi riabilitativi con l’utilizzo dei robot e di proporre nel contempo modelli organizzativi e di presa in carico economicamente sostenibili». «Questo studio multicentrico - aggiunge la professoressa Maria Chiara Carrozza, da poco nuovo direttore scientifico della “Don Gnocchi” - valorizza il ruolo della ricerca scientifica in Fondazione: in primo luogo declinando il tema delle nuove tecnologie e della robotica, da cui oggi non possiamo prescindere anche in sanità, al servizio delle persone più fragili; poi esaltando l’importanza della ricerca traslazionale, che cioè abbia un’immediata ricaduta e beneficio nella prassi clinica; infine ricercando collaborazioni e partnership con soggetti esterni, siano essi le aziende produttrici dei dispositivi robotici o altre strutture di ricerca nazionali o internazionali…».  «L’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, su vasta scala e supportate dai dati di rigorosi studi scientifici - sottolinea il consigliere delegato della Fondazione, Marco Campari -, riposiziona ancora di più la Fondazione ai vertici in Italia nel campo della riabilitazione. Dentro uno scenario dove le malattie croniche e l’invecchiamento della popolazione rappresentano le sfide più urgenti e delicate della sanità dei prossimi anni, la “Don Gnocchi” si dimostra in grado, grazie anche al sapiente utilizzo della tecnologia, con progetti quali la robotica e la teleriabilitazione, di fornire risposte non solo efficaci, ma anche economicamente sostenibili». «Questa ricerca coniuga sapientemente accessibilità alle cure e sostenibilità - chiude il presidente della Fondazione, don Vincenzo Barbante -, valorizzando le professionalità operanti nei nostri Centri, fornendo cioè loro nuove competenze per rispondere sempre più e sempre meglio alle domande di salute delle migliaia di pazienti che si rivolgono a noi, in fedeltà al mandato del beato don Gnocchi e in coerenza alla mission di un’Opera da sempre chiamata alla promozione di una nuova cultura di attenzione ai bisogni delle persone sofferenti e più fragili». 

 

 

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Exhibition Hall: ROBOT HUB | Pavilion: MiCo | Stand: E21-AREA DEMO RICERCA E INNOVAZIONE IN RIABILITAZIONE